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domenica 6 gennaio 2013
Ho-oponopono e il pensiero - Il cammino davvero facile
Ho-oponopono è
un’antica tecnica hawaiana che permette di “correggere gli errori”. Questa
tecnica prevede le seguenti condizioni:
- · Accettare il 100% della responsabilità di ciò che accade
- · Non utilizzare la razionalità
- · Essere disposto a “lasciar andare”
Io sono formato/a da
tre sé intimamente connessi:
- · Il Supercosciente (Io superiore), la mia parte spirituale che potrei chiamare Padre o Dio, che è la mia parte perfetta.
- · Il Cosciente (Ego), che è la mia parte razionale, quella che sceglie. È la parte che accetta di assumersi il 100% della responsabilità per la manifestazione della realtà.
- · Il Subcosciente, o il Bambino Interiore, che è la mia parte emozionale, quella parte cioè che immagazzina e archivia tutte le mie esperienze. Il Subcosciente immagazzina non solo tutte le memorie di questa mia vita, ma anche le memorie di tutte le vite.
Lo stato d’essere
ottimale è quello allineato in cui nessuna delle tre parti prevale su un’altra,
una volta raggiunto questo equilibrio sono in grado di stabilire il contatto
con la mia parte divina ed ottenere l’ispirazione che guida le mie azioni.
Generalmente la parte
razionale schiaccia il Bambino Interiore assumendo il comando e trascurando le
esigenze del subconscio. In questa situazione, l’ispirazione guida non può
arrivare!
Grazie alla tecnica
Ho-oponopono posso recuperare l’equilibrio e la pulizia interiore, entrando in
contatto con il mio io superiore perfetto. Una volta allineati i tre stati, lo
stato naturale risultante è quello di gioiosa serenità, di pace interiore.
Con questa tecnica
posso intervenire sulla causa che ha creato un certo problema, eliminandolo.
Tutto quello che mi succede nella vita, accade perché io lo permetto, e con
Ho-oponopono posso evitare certe difficoltà o posso fare in modo che quelle che
non sono riuscito ad evitare, siano meno gravi.
Questa tecnica è una
specie di “richiesta” a cui segue automaticamente una “risposta”, l’importante
è solo sapere cosa sto facendo. Senza aspettative, senza suggerimenti e solo
con la totale fiducia, il mio Ego individua l’errore e l’Io superiore lo
corregge con l’aiuto dell’Intelligenza Divina Suprema con la quale è in
costante contatto. Non è compito della razionalità agire, intervenire o
suggerire cosa fare.
Affinché questa
tecnica funzioni devo restare pulito e centrato costantemente, in modo che il
mio Bambino Interiore possa divenire un atteggiamento automatico.
Applicando
Ho-oponopono per uno specifico problema, il Subcosciente che lo ha creato si
“resetta” annullando le credenze che lo hanno generato; si producono inoltre
dei cambiamenti positivi non solo in quella specifica situazione ma anche in
situazioni correlate.
Nella maggior parte
dei casi non ho la più pallida idea di dove sia nascosto il ricordo che crea il
blocco da cui è derivato l’eventuale problema con cui ho a che fare, quindi se
potessi fare affidamento solo sul Subconscio che nasconde il ricordo e sul
Conscio che non è in grado di scovarlo, sarei davvero messo male! Invece ecco
che ho anche l’Io Superiore che sa precisamente come, dove e su cosa
intervenire.
Io spesso sono il
peggior ostacolo nella mia vita, specialmente quando non voglio capire che la
cosa migliore da fare è quella di “farmi da parte” e lasciar agire quelle forze
superiori che sono maggiormente esperte in merito. Questa tecnica funziona
sempre, sia nei momenti che ci credo che nei momenti in cui non lo faccio
(quando cioè lascio spazio al raziocinio).
Anche se a volte non
capisco come funziona, dovrò accettare il fatto che funziona efficacemente
quando mi accorgerò che il problema al quale lo ho applicato, si è dissolto.
Applicando questa
semplice tecnica non devo avere giudizi o aspettative, devo eseguirla
correttamente ed è molto semplice, basta che mi rilasso e ripeto, a voce alta o
mentalmente, la frase “Mi dispiace, Perdonami, Grazie, Ti Amo”. Facendo questo
io so che sto liberando, pulendo, cancellando, resettando me stesso… questo è
tutto quello che devo fare…
Non è importante
ripetere esattamente la frase in quest’ordine o tutte queste parole, la cosa
fondamentale è farlo consapevolmente.
Non avere aspettative
significa “mi aspetto il meglio del meglio”, e incredibilmente con questo
metodo io potrò raddrizzare tutte le cose che non vanno, per tutti e per tutto
il mondo, perché tutto ciò di cui sono a conoscenza, fa parte della mia realtà
ed è mia responsabilità se si è manifestato, pertanto attraverso questa tecnica
sarò in grado di modificarlo.
Quando mi sento ferito
o disturbato da qualcosa, posso lamentarmi, arrabbiarmi, affrontare la
situazione, colpevolizzare la situazione o le circostanze, ma in realtà è molto
più produttivo e soddisfacente capire che qualunque cosa accada non è altro che
una mia proiezione, una proiezione di una parte di me.
Colpevolizzare quindi
le cose esterne è come se, guardando un film me la prendessi con l’attore, o
come se gli dessi del cretino o come se mi mettessi a discutere con lui per il
suo comportamento, piuttosto assurdo, no? Nella vita “reale” è paradossalmente
la stessa cosa, TUTTO è una mia proiezione sullo schermo tridimensionale della
realtà.
Se io non ho una
credenza limitante o una memoria “pericolosa” nel mio Subconscio, nella mia
realtà non possono manifestarsi certe contingenze, quindi in sostanza io sono
l’unico responsabile di tutto, anche dei pensieri e delle azioni degli “altri
esseri viventi”.
Quando qualcosa appare
nella mia vita, anche se è qualcosa che mi ferisce, che mi fa stare male, devo
comunque considerarlo una fortuna, perché quell’evento, per quanto nefasto, mi
dà l’opportunità, essendone io il responsabile, di correggere degli errori che
sono nel mio Subcosciente.
Forse l’effetto non
sarà immediato, ma la tecnica funziona sempre, il rallentamento dipende dalla
mancanza di allineamento, e l’allineamento si raggiunge facilmente mettendo in
primo piano l’amore, quindi la cosa più giusta da fare non è pormi degli
obiettivi definiti, ma piuttosto mantenermi pulito e allineato, confidando che
nella mia vita si manifesterà tutto quello che è meglio per me, al di là di
ogni più rosea aspettativa dell’intelletto.
“Grazie” e “Ti amo” lo
dico perché voglio rimanere sereno indipendentemente da ciò che sa o non sa
l’intelletto, perché spesso, quello che la ragione non conosce, lo conosce il
cuore, e poiché tuta la realtà parte da me, se io sono sereno e in pace con me
stesso, questo è il più grande servizio che posso fare al mondo.
Se ho passato tutta la
vita volendo risolvere i problemi ora scopro che non sono io che devo
risolverli, anzi, se continuo ad ostinarmi a volerlo fare non faccio altro che
mettermi i cosiddetti bastoni tra le ruote, perciò è necessario che mi
ripulisca per poter stare in Pace.
Essere felice è la
scorciatoia migliore per arrivare ad ottenere lo scopo ed è lo stato d’animo
che accelera qualunque processo di attrazione consapevole.
L’intelletto non
riesce a comprendere appieno il funzionamento della tecnica di Ho-oponopono,
perché chi apre materialmente la connessione con il Divino è il Subconscio, il
mio Bambino Interiore, nella sua innocenza ed ingenuità, al di là di ogni
giudizio di merito, al di sopra ed oltre ogni senso di colpevolezza o di
peccato.
“Ti lascio tutta la
mia pace. Ti lascio tutta la MIA pace, non la pace del mondo, bensì la MIA
pace, la pace della mia essenza, dei tre se connessi e allineati.”
Devo ripetere questo
“mantra” il più spesso possibile e il più a lungo possibile, sia in riferimento
ad un problema specifico o anche quando sono sereno e in pace:
“Mi dispiace,
Perdonami, Grazie, Ti Amo”.
Più lo ripeto e più il
Bambino Interiore lo impara fino a quando lo farà automaticamente, Quindi lo
ripeto continuamente e quando il mio essere me lo suggerisce, mi focalizzo su
qualcosa di preciso e lo risolvo…
Mi dispiace,
Perdonami, Ti Amo, Grazie….
Quando dico “Mi
dispiace”, io accetto che qualcosa, non importa che io sappia cosa, si è
inserito nel mio sistema corpo/mente e mi predispongo a chiedere il perdono
interiore per ciò che ha provocato il problema a cui mi riferisco.
Dicendo “Perdonami”
non chiedo a Dio di perdonarmi, bensì chiedo a Dio che mi aiuti a far si che io
stesso mi perdoni.
“Ti amo” trasmuta
l’energia bloccata in energia fluida che torna ad unirsi al Divino (energia in
movimento = amore, energia bloccata = il problema).
“Grazie” o “Sono
Grato” è la mia espressione di gratitudine, la mia fiducia nel fatto che tutto
si risolverà nel modo migliore per tutte le persone e le cose coinvolte dal
problema, è la mia dichiarazione di gratitudine a me stesso per tutto ciò che
ho fatto fin’ora perché anche ciò che non sembra buono, in realtà non è altro
che un’opportunità di crescita e di ulteriore pulizia.
Da questo punto in
poi, quello che succede è determinato dalla Divinità, io posso essere ispirato
a compiere qualche azione o meno. Se continuo ad avere dei dubbi devo
continuare nel processo di pulizia, quando sarò perfettamente pulito riceverò
tutte le “risposte”.
Devo sempre ricordare
che anche quando vedo qualcosa di sbagliato “negli altri”, quell’errore esiste
dentro di me! Poiché tutto è Uno, chi cura viene curato, e se io miglioro, il
mondo migliora. Devo assumerne la responsabilità, non è necessario che
nessun’altro segua questo processo, è sufficiente che lo faccia io, e tutta la
mia realtà sarà perfetta.
Ripentendo
continuamente questo “mantra” durante tutta la mia giornata, anche il più
spesso possibile, anche non in relazione ad un problema specifico, otterrò il
risultato di mantenere un atteggiamento vibrante di benessere e comprensione,
in relazione a qualunque cosa si manifesti nella mia realtà. Prima di uscire di
casa, chiedo a Dio che.. “pulisca quello che c’è in me che potrebbe essere la
causa di qualche conflitto o problema durante il tragitto da percorrere” (per
esempio).
Durante la mia
giornata, per ogni piccolo fastidio o inconveniente che mi capita, chiedo a Dio
che pulisca le memorie che lo stanno generando. Una frase utile potrebbe
essere: “Credenze io vi Amo! Sono grato per l’opportunità di liberarvi
dell’energia negativa”
Pulire visualizzando
un risultato non funziona, ma pulendo con il solo scopo di pulire, porterà
delle piacevoli sorprese. Devo fidarmi della divinità, permettere che il divino
scelga cosa è meglio per me, senza suggerimenti o consigli da parte mia. Questo
atteggiamento libera la Mente Cosciente dall’incombenza di dover decidere
specificatamente cosa deve essere pulito e cosa invece non deve esserlo.
Spesso le memorie sono
condivise, quando chiedo al Divino di cancellare le memorie che mi causano dei
problemi (ricordi di eventi spiacevoli, di dissapori, di conflitti, tutti i
ricordi che mi provocano emozioni negative) le neutralizzo in me e le
neutralizzo anche negli “altri”, in “coloro” che li condivide con me.
La pace comincia con
me e con nessun altro, non ho bisogno di farmi aiutare da nessuno, io sono
indispensabile e sufficiente per raddrizzare tutto ciò che non funziona.
Solo il Divino sa
esattamente dove deve agire nella mia vita affinché tutto funzioni come deve
funzionare. Alla mia mente attiva non è dato di conoscere il perché di certe
situazioni problematiche, ma il mio lato divino sa esattamente cosa deve fare.
Mi spiace, perdonami,
Grazie, Ti amo…
Mi spiace, perdonami,
Grazie, Ti amo…
“Divino Creatore, padre, madre, figlio,
tutti in uno… Se io, la mia famiglia, i miei parenti o antenati abbiano offeso
la tua famiglia, i tuoi parenti o antenati in pensieri, parole, fatti o azioni
dall’inizio della mia creazione fino ad ora, Io chiedo il tuo perdono, lascia
che questo perdono ripulisca, purifichi, liberi tutte le memorie, i blocchi, le
energie e le vibrazioni negative e tramuti queste energie indesiderate in pura
luce… E così è!”
Morrnah
Io esisto per essere
il Sé Divino.
L’identità del Sé di
Ho-oponopono, è lo scopo di ognuno di noi come individuo incarnato e come
essere umano.
Io come anima sono prezioso;
cosciente o non cosciente, io vado ad influire su tutto quello che mi riguarda
attraverso i pensieri,le parole, gli atti e le azioni.
L’identità del Sé di
Ho-oponopono è un processo per lasciare andare le energie tossiche che sono
dentro di me e lasciare che operino per mi i divini pensieri, parole, atti ed
azioni.
La metodologia
Ho-oponopono in sintesi consiste nell’operare nella propria vita e nel gestire
le proprie relazioni in accordo con i seguenti punti:
- · L’universo fisico è una realizzazione dei miei pensieri.
- · Se i miei pensieri sono negativi, essi creano una realtà fisica negativa.
- · Se i miei pensieri sono perfetti, essi creano una realtà fisica di perfetto amore.
- · Io sono al 100% responsabile nel creare il mio universo fisico così com’è.
- · Io sono al 100% responsabile di correggere i pensieri negativi che creano una realtà indesiderata.
- · Niente esiste al di fuori di me. Tutto esiste qui dentro me come pensiero della mia mente.
Maxwell Maltz – Potete acquisire l’abitudine alla felicità
(Da “Psicocibernetica” – Ed. Astrolabio)
La definizione della felicità che dà il dott.
John A. Schindler è: “…uno stato mentale
in cui abbiamo pensieri piacevoli per buona parte del tempo”. Da un punto
di vista medico ed anche etico, non credo che questa semplice definizione possa
essere migliorata.
La felicità è innata nello spirito e nella
macchina fisica dell’uomo. Pensiamo, agiamo, ci sentiamo meglio e abbiamo una
salute migliore se siamo felici e anche i nostri organi sensoriali funzionano
meglio. Lo psicologo russo K. Kekcheyev ha eseguito esperimenti su individui
sia quando pensavano a cose piacevoli che a cose spiacevoli. Egli notò che,
pensando a cose piacevoli, essi potevano vedere, gustare, odorare e udire
meglio e acutizzare il loro senso del tatto. Il dott. William Banes ha provato
che la vista dell’uomo migliora immediatamente quando l’individuo è immerso in
pensieri piacevoli o quando si trova di fronte a scene gradevoli. Margaret
Corbett ha osservato che nelle stesse condizioni si rafforza la memoria e la
mente si rilassa. La Medicina Psicosomatica ha provato che lo stomaco, il
fegato, il cuore e tutti gli altri organi interni funzionano meglio quando
siamo felici. Migliaia di anni fa il vecchio, saggio re Salomone disse nei suoi
Proverbi: “Un cuore felice fa del bene
come una medicina, ma un cuore spezzato prosciuga le ossa”. È anche
significativo il fatto che tanto il Giudaesimo quanto il Cristianesimo indicano
gioia, letizia, riconoscenza e contentezza come mezzi per il raggiungimento della
rettitudine e di una vita virtuosa.
Gli psicologi di Harvard hanno studiato il
rapporto tra felicità e criminalità e hanno concluso che il vecchio proverbio
olandese “I felici non sono mai malvagi”
è scientificamente vero. Essi scoprirono che la maggioranza dei criminali
proveniva da famiglie infelici e avevano avuto rapporti umani infelici. Uno
studio svolto per dieci anni all’Università di Yale sulla frustrazione,
dimostrò che gran parte di ciò che noi chiamiamo immoralità e ostilità verso
gli altri è causata dalla nostra stessa infelicità. Il dott. Schindler ha
affermato che l’infelicità è la sola causa di tutti i disturbi psicosomatici e
che la felicità è il solo rimedio. Una recente indagine ha dimostrato
ampiamente che uomini di affari, ottimisti e sereni che “considerano il lato
migliore delle cose” hanno più successo dei pessimisti.
È evidente che nel nostro normale modo di
pensare alla felicità abbiamo posposto i termini: “Siate buoni e sarete felici”, affermiamo. “Sarei felice se avessi successo e buona salute”, diciamo a noi
stessi. “Siate gentili e teneri verso il
prossimo e sarete felici”, sarebbe più esatto dire: “Siate felici e sarete buoni, avrete maggior successo, godrete di una
salute migliore, vi sentirete e agirete con più carità verso il prossimo”.
La felicità non è qualcosa da guadagnarsi o da
meritarsi, non è una dote morale più di quanto lo sia la circolazione del
sangue. Entrambe sono necessarie alla salute e al benessere. La felicità è
semplicemente uno “stato mentale in cui abbiamo pensieri piacevoli per buona
parte del tempo”. Se aspettate fino a “meritare” di avere pensieri gradevoli è
probabile che continuerete ad averne di sgradevoli pensando alla vostra
indegnità. “La felicità non è la ricompensa
alla virtù – disse Spinoza – ma la
virtù stessa. Noi siamo felici non perché tratteniamo i nostri ardenti desideri
ma, al contrario, siamo in grado di vincerli perché siamo felici”.
Molti individui, sinceri e onesti, sono
trattenuti dalla ricerca della felicità perché pensano che sarebbe “egoistico”
e “sbagliato”. L’altruismo conduce alla felicità, perché non solo allontana la
nostra mente dall’esame e dalla introspezioni di noi stessi, dei nostri peccati,
delle nostre colpe e dei nostri problemi (tutto ciò che costituisce i nostri
pensieri sgradevoli), e ci trattiene dall’inorgoglirci per la nostra “bontà”,
ma ci dà la possibilità di esprimere noi stessi creativamente, di soddisfare
noi stessi aiutando gli altri. Uno dei pensieri più gradevoli per ogni essere
umano è quello di sentirsi necessari, importanti e capaci abbastanza da poter
aiutare gli altri e renderli più felici. Tuttavia se facciamo della felicità un
requisito morale e la consideriamo come qualcosa che si può raggiungere come
ricompensa all’altruismo, allora siamo portati a considerarci colpevoli solo
per il fatto di volerla raggiungere. La felicità deriva dall’essere e
dall’agire senza egoismo, ma come una naturale componente dell’essere e dell’agire,
non come un “pagamento” o un “premio”. Se venissimo ricompensati per il nostro
altruismo la logica conseguenza sarebbe presumere che più ci rendiamo miseri e
più senso di abnegazione nutriamo, più felici dovremmo essere. La premessa
porta alla assurda conclusione che si arriva alla felicità con l’infelicità.
Se di morale si parla, essa è nella felicità
piuttosto che nell’infelicità. “L’’atteggiamento
di infelicità è non solo doloroso, ma spiacevole e meschino” disse William
James. Non importa quali cause o malanni esteriori abbiano potuto far nascere
in un uomo un carattere piagnucoloso, lamentoso e scontento; cosa c’è di più
vile e indegno? Cosa ci può essere di più offensivo verso gli altri? Cosa può
aiutare meno di questo atteggiamento a risolvere le difficoltà? Questo non fa
altro che aggravare e perpetuare il guaio che lo ha provocato, aumentando il
danno totale della situazione.
“Noi non
viviamo, speriamo soltanto di vivere, e aspettandoci sempre la felicità in
futuro. È inevitabile che non siamo mai felici”, disse Pascal.
Ho notato che una delle cause più comuni della
infelicità dei miei pazienti consiste nel fatto che cercano di vivere sul piano
di un pagamento differito, non vivono cioè, né godono oggi della vita, ma
aspettano sempre un avvenimento futuro. Saranno felici quando si sposeranno, quando
avranno un lavoro migliore, quando avranno finito di pagare la casa, quando i
figli avranno terminato l’università, quando avranno portato a compimento una
data cosa o quando avranno ottenuto una vittoria, ma invariabilmente vengono
delusi. La felicità è un abito, un atteggiamento mentale, e se non si impara e
non se ne fa pratica nel presente non si avrà mai. Non deve essere condizionata
alla soluzione di un problema esterno, poiché risolto un problema ne sorge
immediatamente un altro. La vita è una serie di problemi. Se volete essere
felici sempre, dovete esserlo per abitudine mentale, non a “causa” di qualcosa.
“La
maggior parte delle persone è felice nella misura in cui hanno deciso di
esserlo”, disse Abraham Lincoln.
“La
felicità è un fatto puramente interiore – disse lo psicologo dott. Matthew
N. Chappell – non è un prodotto degli oggetti,
ma delle idee, dei pensieri, degli atteggiamenti che nascono e si sviluppano
dalle attività proprie dell’individuo, indipendentemente dall’ambiente”.
Nessuno, tranne un santo, può essere sempre
felice al cento per cento e, come ironicamente affermò George Bernard Shaw,
saremmo scontenti se lo fossimo. Ma possiamo, pensando e prendendo una semplice
decisione riguardo ai piccoli fatti e avvenimenti della vita quotidiana, che ci
rende ora infelici, diventare felici e avere pensieri gradevoli per buona parte
del tempo. In larga misura, è semplicemente per abitudine che abbiamo una
reazione di contentezza, insoddisfazione, risentimento e irritazione in seguito
a piccole contrarietà, a delusioni o ad altri avvenimenti analoghi. Noi abbiamo
reagito n questo modo così a lungo, che è diventata una abitudine per noi. In linea
di massima, questa nostra reazione di infelicità ha origine dal fatto che
abbiamo interpretato un qualsiasi avvenimento come una scossa alla stima che
abbiamo di noi stessi. Un automobilista ci suona il clacson senza necessità,
qualcuno ci interrompe o non fa attenzione mentre parliamo, qualcun altro non
agisce verso di noi come noi pensiamo che dovrebbe agire. A tutto questo e
anche ad eventi che non ci toccano personalmente reagiamo come se fossero
affronti alla stima che nutriamo per noi stessi, perché li interpretiamo come
tali. L’autobus che dovevamo prendere arriva in ritardo, quando vogliamo
giocare a golf piove, se dobbiamo prendere l’aereo ci troviamo in un ingorgo di
traffico: a tutto ciò abbiamo una reazione di rabbia, di risentimento, di
autocompassione. In una parola: di infelicità.
“La
misura della sanità mentale è data dalla disposizione a vedere il bene
dappertutto”, disse il famoso moralista Ralph Waldo Emerson.
L’idea che la felicità, o il saper mantenere
pensieri gradevoli la maggior parte del tempo, possa essere coltivata
deliberatamente e sistematicamente facendone pratica più o meno a sangue freddo,
sembra incredibile ai miei pazienti, se non addirittura ridicola, la prima
volta che io faccio tale affermazione. Tuttavia l’esperienza ha dimostrato che
è quasi l’unica via in cui si può coltivare “l’abitudine” alla felicità. In primo
luogo la felicità non è qualcosa che capita per caso, è qualcosa che voi stessi
create e sulla base della quale decidete. Se aspettate che sia la felicità a
piovervi addosso, aspetterete piuttosto a lungo. Nessuno, tranne voi, può
decidere i vostri pensieri. Se aspettate che le circostanze “giustifichino” i
vostri pensieri piacevoli, potete anche aspettare per sempre. Ogni giorno è un
misto di bene e di male, nessun giorno e nessuna circostanza sono mai “buoni”
al cento per cento. Vi sono sempre elementi e “fatti” al mondo e nella nostra
vita personale che “giustificano” considerazioni pessimistiche e malinconiche,
o ottimistiche e felici, a seconda della nostra scelta. È questione di scelta,
di attenzione, di decisione, ma non è neanche questione di essere intellettualmente
onesti o disonesti. Il bene è “reale” come il male, è semplicemente questione
di decidere a quale dei due volgere più intensamente l’attenzione, di decidere
quali pensieri sono nella nostra mente.
Scegliere deliberatamente di avere pensieri
sereni è più di un palliativo, può dare risultati molto pratici. Carl Erskine,
il famoso lanciatore di baseball, ha detto che avere pensieri sgradevoli lo
faceva sentire peggio di un cattivo lancio. “Una predica mi ha aiutato a superare la tensione più dei consigli di
qualsiasi allenatore – egli ha affermato – Il fatto è che dovremmo fare come gli scoiattoli che mettono da parte
le noci. Dovremmo immagazzinare i momenti di felicità e di trionfo in modo che,
nel corso di una crisi, possiamo trovare in questi ricordi aiuto e ispirazione.
Da bambino andavo sempre a pescare nell’ansa di un piccolo fiume in campagna,
poco fuori dal paese in cui abitavo. Posso ricordare vividamente la scena al
centro di un enorme, verde pascolo, circondato da alti alberi ombrosi. Ogni
qualvolta la tensione mi porta a lanciare troppo lontano o troppo vicino, mi
concentro nel ricordo di questa scena serena, e i nodi dentro di me si
sciolgono”.
Un giovane rappresentante aveva deciso di
lasciare il lavoro dopo avermi consultato per un intervento al naso, che era
leggermente più largo del normale, ma non certo “ripugnante” come lui
sosteneva.
Aveva la sensazione che i suoi eventuali
clienti ridesse del suo naso o ne provassero addirittura repulsione. Era un “fatto”
che avesse un naso largo, era un “fatto” che tre clienti si erano lamentati del
suo comportamento brusco e ostile, era un “fatto” che il suo capo lo aveva
messo alla prova e che in due settimane egli non era riuscito ad effettuare
neanche una vendita. Invece di un intervento al naso gli suggerii di eseguire
egli stesso un’operazione sulla mente. Per trenta giorni doveva “tagliar fuori”
tutti quanti i pensieri negativi della sua situazione e accentrare
deliberatamente la sua attenzione su pensieri gradevoli. Alla fine dei trenta
giorni non solo si sentì meglio ma i suoi rapporti con i compratori erano
divenuti più amichevoli, le vendite erano costantemente in aumento, e il suo
capo si era congratulato in pubblico con lui nel corso di un congresso di
venditori.
Maxwell Maltz – Meccanismo creativo
Gli obiettivi che il nostro meccanismo
creativo cerca di raggiungere sono le immagini
mentali, o ritratti mentali, che creiamo con l’immaginazione.
L’immagine-chiave che si cerca di raggiungere
è la nostra immagine dell’Io.
Tale immagine stabilisce i limiti per il
raggiungimento di qualsiasi particolare scopo. Prescrive la “zona del possibile”.
Come ogni altro servo-meccanismo, il nostro
meccanismo creativo agisce sulla base di informazioni e di dati che in esso immettiamo,
vale a dire i nostri pensieri, tutto ciò che crediamo e le nostre
interpretazioni. Attraverso il nostro atteggiamento e la nostra interpretazione
delle varie situazioni noi “descriviamo” il problema che deve essere risolto.
Se immettiamo nel meccanismo creativo
informazioni e dati pensando di essere noi stessi indegni, inferiori,
immeritevoli e incapaci (immagine dell’io negativa) essi vengono elaborati come
qualsiasi altro dato, fornendoci la “risposta” sotto forma di esperienza
oggettiva.
Come ogni altro servo-meccanismo, esso si
avvale dei dati già impressi, cioè sul sistema-guida automatico che esiste in
voi stessi, nel saper farne uso come meccanismo per il successo piuttosto che
come meccanismo per l’insuccesso.
Il metodo in se stesso consiste nell’imparare,
nel far pratica ed esperienza di nuovi modi di pensare, di immaginare e di ricordare,
nell’agire in modo da formare una esatta e realistica immagine dell’io, e nel
far uso del vostro meccanismo creativo per ottenere successo e felicità nel
raggiungimento di particolari scopi.
Se potete ricordare, agire, o allacciarvi le scarpe,
potete avere successo.
Il metodo di cui servirsi consiste nel formarsi
una impressione mentale creativa, nel fare esperienza concreta attraverso l’immaginazione,
e nel dar vita a nuovi prototipi di reazioni mentali “eseguendo” e “agendo come
se”.
Ho spesso detto ai miei pazienti: “ Se potete ricordare, avere interessi o
allacciarvi le scarpe, non avrete difficoltà nell’applicazione del metodo”.
Le cose che dovete fare sono semplici ma dovete far pratica e acquisire
esperienza. Una raffigurazione mentale costruttiva non è più difficile ad
effettuarsi di ciò che in genere fate quando vi torna alla mente qualche fatto
del passato o quando vi preoccupate del futuro. Eseguire una nuova azione non è
più difficile del “deciderla”, quindi andate avanti allacciandovi le scarpe in
modo nuovo e diverso ogni mattina invece di continuare a farlo nel “solito modo”,
senza pensarci.
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