sabato 5 gennaio 2013

Roberto Assagioli – Pensiero e Meditazione


La sua definizione più semplice è pensare; una definizione accurata ma limitata, poiché non tutti hanno le idee chiare a proposito della funzione pensiero. È stato detto che “la mente pensa in noi”, invece di essere noi che formuliamo dei pensieri. In effetti, la nostra mente normalmente funziona spontaneamente sotto l’azione di stimoli e interessi di vario genere, e in maniera piuttosto disordinata. La mente opera indipendentemente dalla volontà, e spesso in opposizione ad essa. Questa mancanza di dominio sulla mente è stata descritta molto bene da Swami Vivekananda:

Com’è difficile controllare la mente. È stata giustamente paragonata ad una scimmia impazzita. C’era una scimmia, irrequieta per natura, come tutte le scimmie. Come se questo non fosse abbastanza, qualcuno le fece bere molto vino, così diventò ancora più irrequieta. Poi uno scorpione la morse. Quando un uomo viene morso da uno scorpione salta per un giorno intero; e così la povera scimmia stava peggio che mai. Per completare la sua infelicità, un demonio si impadronì di lei. Quale lingua può descrivere l’incontrollabile irrequietezza di quella scimmia? La mente umana è come quella scimmia; incessantemente attiva per natura; si ubriaca poi con il vino del desiderio, aumentando così la sua turbolenza. Dopo che il desiderio ha preso possesso di lei viene, come il morso dello scorpione, l’invidia del successo altrui, e per ultimo entra nella mente il demone dell’orgoglio, facendole credere di essere molto importante. Com’è difficile controllare una mente simile!

La prima lezione, dunque, è quella di star seduti per un po’ di tempo e lasciare che la mente vada avanti. La mente è in continua evoluzione. È come quella scimmia che salta di qua e di là. Lasciate che la scimmia salti quanto vuole; voi semplicemente aspettate e osservatela. La conoscenza è potere, dice il proverbio, ed è vero. Fino a che non sapete cosa fa la mente non potete controllarla. Allentatele il freno; molti pensieri orribili potranno entrarci; potrete essere sbalordito di vedere che per voi è possibile pensare pensieri simili. Ma vi accorgerete che ogni giorno i capricci della mente diventano sempre meno violenti, che ogni giorno diviene più calma. Nei primi mesi troverete che la mente ha molti pensieri, in seguito troverete che sono un po’ diminuiti, e dopo qualche altro mese saranno sempre di meno, finché finalmente la mente sarà perfettamente sotto controllo, ma dobbiamo esercitarci pazientemente ogni giorno

Gran parte della nostra attività mentale consueta non merita, dunque, il termine di “pensiero”. È solo quando un interesse dominante sostenuto da una volontà ferma e decisa è in grado di mantenere la mente concentrata su un’idea o su un compito che essa “pensa” veramente e noi possiamo dire che riflette, che medita. Ci sono così quelli che meditano senza chiamare meditazione la loro attività mentale; per esempio lo scienziato che cerca la soluzione di un problema, l’uomo d’affari che elabora un programma per svolgere la sua attività. Questo è un uso regolato e organizzato delle funzioni mentali. A questo proposito dovremmo riconoscere una verità un po’ umiliante: queste persone di solito pensano e meditano assai più efficacemente di quelle che cercano di farlo per scopi psicologici o spirituali.

Se vogliamo imparare a meditare, dobbiamo renderci conto che la mente è in realtà uno “strumento”, un attrezzo interiore da cui dobbiamo disidentificarci per poterne fare l’uso che vogliamo. Finché siamo completamente identificati con la mente, non possiamo controllarla. Una certa “distanza psicologica”, un certo distacco da essa, è necessario.

Praticare la concentrazione è il primo passo; il passo seguente è quello di dirigere l’attività della mente su una linea che abbiamo stabilito, in modo che esegua il compito che le abbiamo assegnato. In questo senso “pensare” significa riflettere ed esplorare profondamente un argomento, esaminandone tutte le implicazioni, le ramificazioni e i significati. Se cerchiamo di farlo scopriremo presto come è superficiale e inadeguato il nostro modo normale di pensare. Siamo abituati a raggiungere conclusioni affrettate e generalizzazioni arbitrarie, a considerare solo un aspetto dell’argomento e a vedere o accentuare solo quanto corrisponde ai nostri preconcetti o alle nostre preferenze. Il primo requisito per sviluppare l’arte di pensare è quello di osservare attentamente il processo stesso del pensiero e, quando una deviazione ha inizio, rendersene immediatamente conto. Il secondo implica perseveranza, tenacia nell’esaminare l’argomento in profondità. Qui si verifica uno strano fenomeno: pochi minuti di riflessione sembrano esaurire le possibilità dell’argomento; non rimane più niente da dire in proposito. Ma a questo punto perseverare nella riflessione porterà alla scoperta di altri aspetti imprevisti, rivelando una ricchezza di sviluppo a cui non si possono assegnare dei limiti.

Un esempio servirà di chiarificazione.

Prendiamo come tema della meditazione la frase “Io cerco di amare e non di odiare”. A prima vista, questo appare semplice ed evidente, in verità anche banale, e ci fa pensare: “Naturalmente, essendo una brava persona, con intenzioni buone, cerco di amare e non di odiare, è talmente ovvio che non riesco a trovare niente da aggiungere”. Ma se ci posiamo le seguenti domande e cerchiamo di trovare una risposta ci rendiamo conto che la questione non è così semplice. “Cosa significa veramente amare? – Cos’è l’amore? – Quanti tipi di amore ci sono e quali sono? – In quali modi io sono capace di amare? – Come cerco di amare? – Chi amo e chi riesco ad amare? – Sono sempre riuscito ad amare come avrei desiderato? – Se non ci sono riuscito perché? – Quali sono stati e sono gli ostacoli e come posso eliminarli? – Quale parte del mio amore dipende dalla persona a cui è diretto e quale dalla mia stessa natura?”. Possiamo poi esaminare la parola “odio”, e fare delle domande di questo genere: “Dietro quale travestimento può nascondersi? – Sono libero da ogni tipo di odio? – Provo dell’odio per chi mi fa del male? – Per coloro che mi sono ostili? – Questi sentimenti sono giusti? – Se non lo sono come si possono correggere? Quale atteggiamento dovrebbe essere adottato verso il male in genere? – Qual è il significato del detto Un nemico è utile quanto un Buddha?”

È ovvio che non possiamo esaminare tutti questi interrogativi in una sola meditazione. Essi offrono possibilità di riflessione per una serie prolungata di meditazioni. Scopriamo così quale ricchezza di possibili elaborazioni, quanto significato si nasconda in una affermazione apparentemente tanto semplice.

Quali sono le mete della meditazione? Dobbiamo essere chiari a questo proposito perché sono esse che determinano il tema da scegliere e il procedimento da adottare. Uno degli obiettivi della meditazione riflessiva è concettuale, è quello cioè di avere un’idea chiara su un dato argomento o problema. La chiarezza di un concetto è più rara di quanto si supponga, e anche qui il primo passo è quello di rendersi conto che le nostre idee non sono chiare. Un altro obiettivo, ancora più importante, è quello di acquistare conoscenza di noi stessi.


(da: “L’Atto di Volontà”)

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